Poesie dialettali, testi e foto dei vincitori

1°classificata: Nan sté storie senza memorie“  di Demartino Giuseppina

L’odore di naftalina della vecchietta incontrata per strada si trasforma in una scintilla sensoriale che accompagna l’autore in un involontario viaggio olfattivo tra piacevoli ricordi; eccellente la sua capacità di dipingere quadretti di vita quotidiana di un tempo, espressione di valori da preservare e tramandare alle generazioni future.
(i testi contenuti sono concessi per la pubblicazione a Touring Juvenatium, e proprietà dei rispettivi autori)

“NON C’E’ STORIA SENZA MEMORIA”

Camminando con mia figlia per le strade di Giovinazzo, incontriamo una vecchietta col grembiule, lo chignon e tanto di baffi,
sta andando al fornaio a portare un grande tegame di focaccia.
Mentre si avvicina, mi viene in mente zia Angelina…
Lo stesso odore di naftalina!
Voleva sempre un bacio quando andavamo a trovarla, ma io non mi volevo avvicinare.
“Lei è fanatica del pulito”diceva mamma,
“Pulisce i cerchioni del letto(reti di una volta) due volte Panno.
“E la naftalina per la lana,puzza,ma non la rovina, e’ inutile che fai tante moine”.
Però,a parte il petrolio e la naftalina,
era piena di tanti profumi la casa di zia Angelina.
Le lenzuola profumavano di bucato E sapeva fare bene le orecchiette.
E il vin cotto fatto con i fichi ?!?!
E quei bei tegami di pasta…
Poi mi vengono in mente i dolci e le cartellate.
E il profumo dei taralli bolliti, di scorze di mandarini nel braciere, e di pasta fresca stesa col mattarello.
Quando preparava la trippa, chiamava tutti quanti, e bollisci e scortica, non si puliva mai.
Per due tre giorni in casa,c’era un odore di stalla, però com’era buona quando la mangiavi!
D’estate si sentiva l’ odore della camomilla fresca per il mal di pancia, e com’era buono pane e olio,altro che merendine.
Come profumava il calendario del barbiere che zio Nicola nascondeva, altro che quella puzza di petrolio e naftalina.
“Ehi,mamma,ti sei incantata”?Mi dice mia figlia,e si mette a ridere.
“Per un momento sembrava che fossi da tutt’ altra parte”
A me,invece,sembra siano passati cento anni.
La vecchietta nel frattempo sé ne è andata Ed io non me ne sono neanche accorta.
Però ha lasciato il tanfo di naftalina, è stato il pretesto per fare un salto nel passato.
“Ciò che mi è successo te lo dirò più tardi ,e tu,mi raccomando,raccontaglielo a nipoti e figli.
Non perdiamo ciò che è nostro:mestieri,usanze,profumi e gusti”.
I ragazzi non sanno neanche di cosa stiamo parlando Se non c’è nessuno che glielo racconti.
Andrà a finire che andranno perse tante cose, è un peccato ed io non voglio colpe, perché sono parte della storia di Giovinazzo e non c’è storia senza memoria.

 


2° classificata: L’ADDEURE E LE GUSTE DE QUANDE IAIVE UAGNAUNE di Massari Myriam Maria

Del tutto originale l’impostazione della poesia: l’autore scandisce il tempo sfogliando un calendario immaginario, sostituendo ai giorni e alle stagioni gli odori e i sapori che li caratterizzavano.
Predominante è l’odore e l’immagine del mare che ieri come oggi continua ad essere il protagonista, nel bene nel male, della nostra città.

 

IL calendario dei profumi e dei gusti antichi


Un tempo a Giovinazzo non c’era bisogno
di oroliogi e calendari
per conoscere la stagione, il meteo e l’ora.
Se camminavi con gli occhi chiusi
gli odori per la strada
ti dicevano sicuramente che giorno era.

La mattina ti svegliavi
con l’odore del ragù
che proveniva dalla cucina.
“E’ domenica” pensavi
” Indosso l’abito blu
e vado a comprare i pasticcini”.

Camminando nel paese vecchio
percepivi I’odore della candeggina
perche Marietta lustrava le chianche a specchio
..e sicuramente era sabato mattina.

Quando Ia stradina profumava di pulizia
e di sapone di marsiglia odorava la strada
perche c’erano i panni del bucato stesi
..intuivi che per tutto it giorno non ci sarebbe stata più pioggia.

Per tutto I’inverno quando zia Antonietta cucinava
di cicoria e favetta tutta la strada odorava
ed anche di cime di rape stufate
o cucinate con le orecchiette.

A gennaio c’era l’odore di braciole
e di fave capriate nel contenitore messo accanto al falò
e con le olive, tarallini e allegria
stavamo tutti insieme per la strada

Di limone profumava il ghiaccio tritato e limone
che in estate piaceva tanto a zio Giovanni
quando si sedeva su una panchina
con la bicicletta sistemata accanto a lui

Ad agosto sentivi l’odore dei pomodori
iI rumore delle bottiglie
di chi faceva la salsa con impegno affettuoso
per tutta la famiglia
e comunicava un senso di focolare
di amicizia tra la gente del paese.

Dalle casa e piano terra e dai garage attrezzati apposta
a settembre usciva odor di mosto
che poteva ubriacarti
se non stavi attento.

Era ottobre quando da casa di nonna
proveniva odore delle bacche di carrubo
che messe in forno erano buone
come il cioccolato che si vendeva nei negozi in piazza

Alla fine di novembre
dai frantoi proveniva
un forte odore di olive
perchè producevano l’olio dorato.

L’odore del pesce si faceva sentire a causa delle zuppe cucinate per cena
al rientro delle barche dalla pesca
e quando marinai e pescivendoli vendevano all’asta
alici, sarde, sgombri e verdesche.

Se sentivi pizzicare il naso per l’odore del vin cotto
pronto per le cartellate natalizie
eravamo di sicuro a dicembre con it Bambinello,
il presepe e le stelle tutte
Poi l’odore dei mandarini posti sulla grotta
riempiva la stanza
e comunicava un senso di abbondanza

Ma il re dei profumi a Giovinazzo
faceva e fa ancora capricci come un pazzo
Non ha orari o stagioni
gioca e comanda come un barone.

Sto parlando del profumo di questo mare
che faceva e fa respirare e apre il cuore,
un mare che accarezza lo scoglio o lo strapazza
e se si arrabbia fa una voce grossa che ti scuote dentro.
Non c’e giorno o mese predisposto, ne gennaio, marzo o agosto
lui fa il padrone ogni giorno, questo bellimbusto!

Ma come alle persone la rabbia va e viene
anche il mare si calma piano piano
e canta alle barche la ninna nanna
come se fosse la mamma di tutte.


 


3° classificato: ex aequo “A Scevenazze: Pasque e semmème  Sande, s’abbegnéne tutte quandedi Florinda Bavaro

Decisamente apprezzabile la capacità dell’autore di trasformare gli odori e i sapori della settimana santa in memoria collettiva ricostruendo l’identità della comunità giovinazzese di un tempo

“A Giovinazzo: Pasqua e settimana Santa,

tutti si abbuffano”

La processione dei Misteri

si svolge di mattina

e, verso mezzogiorno da via Cappuccini

arriva in piazza.

 

In questo preciso momento

s’inizia a sentire

un forte odore di cipolla

provenire dai forni a

legna di Anselmo

il fornaio e di Polacco.

 

Le donne non cucinano

perché il pranzo di oggi altro non è

che il calzone ripieno di cipolla.

Nel frattempo, la Madonna degli studenti,

insieme a Cristo morto e agli altri Santi

si ritirano pian piano.

 

Proprio in quel momento il garzone del fornaio

porta dal forno a legna i tanti calzoni;

per accontentare tutta la famiglia,

lo si prepara in una teglia grande e senza risparmiare.

 


Intanto, il giorno prima della processione l

e donne già iniziano a preparare:

a pulire e rosolare le cipolle,

a trombare e far lievitare la massa.

 

La sera le donne si recano in chiesa,

portandosi ancora addosso l’odore della cipolla.

Proprio sotto l’Organo,

la Madonna Addolorata prende tra le braccia suo figlio;

le donne piangono

e asciugano le loro lacrime con i tanti fazzoletti.

 

 

La domenica di Pasqua,

le campane suonano a festa perché Cristo è risorto

e ci si scambiano gli auguri.

 

Per pranzo è previsto l’agnello

sulle frasche, preparato nella stessa teglia del calzone,

ormai divorato;

lo si condisce con olio, aceto e pepe

e poi viene fatto cuocere nel forno a legna;

e poi: mostaccioli, ciambelle,

taralli alla terlizzese,

fichi secchi con la cioccolata,

bocconotti e … si fa notte!

 

 

Il lunedì di Pasquetta poi

si va alla cala

per mangiare un po’ di cozze

e la scarcella a forma di cestino.

 


Si canta tutti insieme:

“Mo véne la Pasquaredde

e ne mangéme la scarcèdde,

ne la mangéme a do’ a do’,

pigghie la veje e sceme fôre, fo’ … fo’ !”


ex aequo: “U NES LA VOCC…U COR”  di Marolla Nicola.

L’autore identifica l’odore del soffritto e della frittata con la casa della nonna, luogo di condivisione di sapori quali espressione del suo affetto. Ancora più efficace è l’immagine delle bottigliette di acqua di colonia e dopobarba il cui profumo ha il potere di evocare la rassicurante presenza dei genitori soprattutto nei momenti di difficoltà.

“IL NASO LA BOCCA IL CUORE”


L’odore del ragù con le brasciole,
Io ricordano tutti, pur non volendo.
Cappello di prete a fettine
E per chiuderle almeno tre stuzzicadenti.
Dentro, lardo, aglio e prezzemolo, e formaggio grattugiato, senza lesinare.
La Domenica mattina era l’odore che sì sentiva in casa
Tu eri ancora a letto e il profumo ti entrava nel naso.
A cinquant’ anni di distanza, ancora oggi, quando mangio
questo scrigno arrotolato,
la mente ricorda, e torna indietro di cinquantanni.
Aspetta, aspetta, aspetta, sento l’odore di casa della nonna.
C’è odore di fegato soffritto con la foglia di alloro.
Ma la nonna era anche la regina delle frittate.
Formaggio grattugiato, pane raffermo,sale e uova battute,
tegame di ferro con manico di legno,
olio, uova, aglio e prezzemolo.
Il soffritto e la frittata sono gli odori che mi ricordano casa della nonna,
vengono in mente i ricordi dell’infanzia, e non vanno via.
“Nonna ma che profumo che si sente, me ne dai un pezzo?” (di frittata)
“Tieni è per te e per tuo fratello, mi raccomando dividete equamente”
E della Psticchj (peperonata) ne vogliamo parlare?
L’odore e il sapore, non c’è bisogno di descriverlo lo conosciamo tutti.
Nel contenitore di vetro, peperoni, aglio, olio e prezzemolo,
poi per chiuderlo bene si metteva in grembo
e nello stipo della cucina per qualche settimana.
Bianco, verde, giallo e rosso,
anche con i taralli e ti leccavi i baffi.
Pane con la Psticchj e un po’ dì nostalgìa
Quando fa mamma ai propri figli,
dava pane, amore con un po’ di Pstìcchj.
E quando poi camminando per strada passavi davanti al panificio,
l’odore dei pane caldo entrava net naso,
che bastava sentirne l’odore, e si aumentava di peso.
Se successivamente passavi davanti al frantoio,
l’odore dell’olio nuovo era così forte e buono che “ti sbatteva sul muro”.
E allora di corsa si tornava a casa per prepararsi e mangiare pane olio e pomodori appesi.
A questo punto, vi svelo un segreto, ve lo dico in un orecchio Ve lo posso dire perché ormai sto diventando anziano.
Due piccole bottiglie, un dopobarba e un’acqua di colonia,
le conservo ancora, anche se i miei non ci sono più,
quando le guardo mi si rinfranca il cuore,
e quando a casa mia succedono liti, discussioni, contrasti, per motivi economici o per altre motivazioni,
io su quelle due bottigliette, vado a metterci il naso.
In quell’istante, davanti agli occhi, compaiono i miei genitori,
che mi chiedono di cosa ho bisogno,
e con il cuore in gola, chiedo loro quale è il comportamento più giusto da tenere,
che atteggiamento devo assumere, quale sia la strada giusta da intraprendere.
Figlio mio, guardati intorno, senti cosa avviene attorno a te e al tuo mondo, fai sempre del bene, e sicuramente del bene dagli altri avrai,
comportati sempre bene e nel modo giusto
e ricordati sempre che sei figlio nostro.

Potrebbero interessarti anche...